Danno Da Ritardo Diagnostico

Danno Da Ritardo Diagnostico

DANNO DA RITARDO DIAGNOSTICO – Ritardo nella diagnosi di patologia da esito infausto, e lesione del diritto all’autodeterminazione

DANNO DA RITARDO DIAGNOSTICO – Cass. civ., sez. III, 17 novembre 2021, n. 34813

Massima

Danno da ritardo diagnostico: “In caso di colpevoli ritardi nella diagnosi di patologie ad esito infausto, l’area dei danni risarcibili non si esaurisce nel pregiudizio recato alla integrità fisica del paziente, ma include il danno da perdita di un ‘ventaglio’ di opzioni, con le quali affrontare la prospettiva della fine ormai prossima, ovvero “non solo l’eventuale scelta di procedere (in tempi più celeri possibili) all’attivazione di una strategia terapeutica, o la determinazione per la possibile ricerca di alternative d’indole meramente palliativa, ma anche la stessa decisione di vivere le ultime fasi della propria vita nella cosciente e consapevole accettazione della sofferenza e del dolore fisico (senza ricorrere all’ausilio di alcun intervento medico) in attesa della fine, giacché, tutte queste scelte appartengono, ciascuna con il proprio valore e la propria dignità, al novero delle alternative esistenziali”.

Il Caso

Si tratta di una tardiva diagnosi di melanoma maligno. Il dermatologo ha curato per oltre un anno una propria paziente per un’onicomicosi. Solo dopo svariati mesi ed a seguito di un peggioramento del quadro clinico il medico prescriveva esami più approfonditi. Da tali esami emergeva un melanoma maligno con conseguenti interventi chirurgici e profilassi oncologica. La paziente decedeva nelle more del giudizio intentato contro il dermatologo.

La questione

Nella sentenza qui esaminata, la Suprema Corte ha affrontato la delicata tematica in tema di responsabilità medica della lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente. In particolare, si è chiesta se tale diritto debba intendersi leso nel caso in cui la vittima, resa tempestivamente consapevole della malattia infausta, avrebbe avuto la facoltà di determinarsi liberamente nella scelta dei percorsi da intraprendere nell’ultima fase della sua vita.

La soluzione giuridica

La Corte di cassazione ha precisato che  l’aspetto rilevante della questione non risiede tanto nell’inevitabilità dell’esito infausto della patologia, quanto nella possibilità, negata alla paziente, di gestire con consapevolezza e mediante autonome e consapevoli decisioni l’ultima fase della propria vita. La mancata o ritardata diagnosi della patologia oncologica, in altre parole, ha impedito alla paziente non solo di decidere se e a quale trattamento sottoporsi, ma anche di affrontare il resto della propria vita e delle proprie scelte quotidiane con la consapevolezza che la malattia – peraltro ignorata – avrebbe avuto certamente esito infausto.

OSSERVAZIONI

La Cassazione, con questa pronuncia, ha affermato che sussiste una lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente nel caso in cui quest’ultimo, se fosse stato consapevole tempestivamente della malattia infausta, avrebbe avuto la facoltà di determinarsi liberamente nella scelta dei percorsi da intraprendere nell’ultima fase della sua vita. 

Ciò che rileva, in tal caso, non è la lesione del bene salute o della perdita di chance di guarigione e/o di sopravvivenza, ma la lesione di un bene autonomo, di per sé risarcibile, in quanto tutelato dalla Costituzione. In particolare, i giudici di merito avrebbero dovuto tener conto, ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale, che, nonostante l’inutilità della diagnosi precoce ai fini dell’evitabilità dell’evento infausto, questa avrebbe consentito alla paziente di autodeterminare il tempo rimanente con coscienza e consapevolezza. 

Pertanto, sebbene nel caso di specie la condotta del medico non avesse cagionato la morte della paziente, e dunque non sussistesse il nesso causale tra la condotta colposa del sanitario e il decesso della paziente, ciò avrebbe potuto fondare la risarcibilità conseguita alla lesione di un diverso bene giuridico, quale, appunto, il diritto di autodeterminarsi nella parte finale dell’esistenza.

In conclusione

In definitiva, escludere il nesso fra l’omissione del sanitario e il decesso della paziente non esaurisce i termini dei danni risarcibili, i quali coprono uno spettro più ampio: se il medico si fosse accorto della malattia terminale, infatti, la paziente, di ciò debitamente edotta, avrebbe potuto esercitare pienamente i propri diritti di autodeterminazione e vivere il tempo rimanente con coscienza e consapevolezza.

*FONTE: RiDaRe.it